La cura del cancro nell'antico Egitto | Fondazione Umberto Veronesi (2024)

Che fossero molto bravi in medicina, per i tempi, lo si sapeva, ma addirittura gli antichi egizi si erano spinti fino a tentare di curare il cancro? È quanto sembrerebbe dall’esame di due esemplari di cranio, vecchi ovviamente di migliaia di anni. I ricercatori sono rimasti esterrefatti dalla scoperta di segni di taglio intorno a formazioni cancerose nei due teschi, prova unica che le antiche società avevano cercato di esplorare e di operare il tumore. È da tempo noto che il popolo delle piramidi sapeva identificare, descrivere e curare malattie e lesioni traumatiche, costruire protesi, fare otturazioni dentali. Altre patologie no, non potevano curarle, ma potrebbero averci provato.

CAPACI DI CURARE GRAVI FRATTURE CRANICHE

In uno studio pubblicato su Frontiers in Medicine si sono uniti più ricercatori di vari paesi, tra cui la professoressa Tatiana Tondini dell’Università di Tubinga (Germania) che ha detto: «Constatiamo che benché gli antichi egiziani fossero capaci di intervenire su complesse fratture craniche, il cancro restava un sapere medico oltre frontiera». «Le nostre scoperte sono una prova unica di come l’antica medicina egiziana avrebbe tentato di intervenire o di esplorare il cancro più di 4.000 mila anni fa -, ha aggiunto il professor Edgard Camaròs, un paleopatologo dell’Università di Santiago de Compostela (Spagna). – È una nuova straordinaria prospettiva nella nostra conoscenza della storia della medicina».

UN UOMO DI 30 ANNI, UNA DONNA OLTRE I 50

«Volevamo studiare il ruolo del cancro nel passato, quanto fosse prevalente nell’antichità, come le società antiche interagissero con questa patologia», ha spiegato la professoressa Tondini. A tale scopo, gli studiosi hanno esaminato due teschi conservati nella Collezione Duckworth all’Università di Cambridge (Regno Unito). Teschio e mandibola 236, databile tra il 2687 e il 2345 a. C., appartenuti a un uomo di 30-35 anni. Teschio E270, databile tra 663 e 343 a. C., appartenuto a una donna di oltre 50 anni.

TRENTA PICCOLI TONDI COMPATIBILI CON UN TUMORE

Sul teschio 236 l’osservazione al microscopio ha mostrato una lesione di grandi dimensioni compatibile con una distruzione di tessuti in eccesso, una condizione nota come neoplasia. In più, ci sono circa 30 lesioni piccole e rotonde, compatibili con il cancro, sparse nel cranio. Quello che ha stupito i ricercatori è stata la scoperta di segni di taglio intorno a queste lesioni, probabilmente fatte con un oggetto tagliente tipo uno strumento di metallo. «Quando abbiamo visto per la prima volta quei segni sotto il microscopio non riuscivamo a credere a quello che avevamo davanti agli occhi», ha commentato Tondini.

L’IPOTESI DI UN INTERVENTO CHIRURGICO

«Sembra che gli antichi egiziani abbiano compiuto un qualche tipo di intervento chirurgico per la presenza di cellule cancerose, dimostrando così che la loro medicina faceva anche trattamenti sperimentali o esplorazioni mediche riferite ai tumori», ha spiegato il co-autore della ricerca Albert Isidro, chirurgo oncologo dell’Ospedale universitario del Sacro Cuore di Barcellona (Spagna), specializzato in egittologia.

LE NEOPLASIE COMUNI ANCHE NEL PASSATO

Anche il cranio E270 mostra una grossa lesione compatibile con un cancro che ha portato alla distruzione dell’osso. Questo fatto può indicare che nonostante lo stile di vita odierno, l’invecchiamento della popolazione, le sostanze cancerogene nell’ambiente aumentino oggi il rischio tumorale, il cancro era una patologia comune anche nel passato. Sul cranio E270 ci sono anche due lesioni guarite che erano state provocate da ferite traumatiche. Una di queste sembra prodotta da un evento violento a distanza ravvicinata con un arnese tagliente. Le lesioni guarite potrebbero significare che la persona abbia forse ricevuto una qualche forma di trattamento e, grazie a questo, sia sopravvissuta.

UNA DONNA COLPITA IN BATTAGLIA?

Trovare una ferita del genere in un individuo femminile non è per niente comune, di solito le ferite da colpi violenti si trovano nei maschi. «Che questa donna fosse in qualche modo implicata in attività belliche? – si chiede Tatiana Tondini. – Se così fosse dovremmo rivedere il ruolo delle donne nel passato e il modo in cui prendevano parte attiva in guerra nell’antichità». I ricercatori concludono, tuttavia, che questi resti di scheletri non permettono di arrivare a conclusioni definitive, specie quando questi resti sono incompleti e non si dispone di nessuna storia clinica. «In archeologia lavoriamo con frammenti sparsi del passato, il che complica un approccio accurato», sottolinea il professor Isidro.

LA PALEO-ONCOLOGIA AL LAVORO

«Il nostro studio contribuisce a un cambio di prospettiva e pone una base incoraggiante per future ricerche nel campo della paleo-oncologia, ma occorreranno ancora molte ricerche per venire a capo di come le antiche società si ponessero nei confronti del cancro», conclude Edgard Camaròs.

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